Il cuore di Hilde

11 Dicembre 2007
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7 minuti di lettura

 cover: nuovasperanza (2006) di JapiHonoo

Non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato, il mondo non si ferma aspettando che tu lo ripari.
Paulo Coelho

Finalmente libero dalla morse di quel maledetto tunnel e che sia dannata la mia curiosità di conoscere ciò che sta al di fuori del venerabile sentiero! Credevo che lo sconveniente incontro con la Völva ed il suo nero skogKatt mi avesse trasmesso un indelebile lezione riguardo al passato, ma l’antica inquietudine irrisolta scuote ancora le fondamenta di un equilibrio duramente conquistato in secoli di perpetuo camminare.

Chi può dire come si stia quando si incontra il male e, ancor più, chi può dire come si stia quando si scopre che quel male non viene da fuori, ma è solo la concretizzazione di un incubo che sale dalle nostre viscere, che risiede nelle nostre anime?

Da qualche parte, dentro di me, porto il dolore di un altro essere umano. Per un qualche strano destino di cui non ho memoria, mi trovo a dovermi confrontare con figure e forme disegnate da un’altra mente, vive nell’immaginario e nel sentire di un altro cuore. E soffro pene che non ho meritato, senza avere contezza di quanto, e se, questo possa servire a forgiare la rinascita di colei che chiamo”Perduta” e che come tale, forse, non vive più.

Perdonate questo sfogo, amici della dimensione numerica, è mia abitudine scrivervi al momento della risoluzione dei conflitti perché le mie parole non lascino tristezza o delusione nei vostri cuori, ma non so più ove dirigermi e mi accosto a questa pergamena nella rinnovata speranza di chiarire le costrizioni fisiche e psicologiche che ho subito a causa della mia avventatezza.

Probabilmente, le sensazioni che ho appena descritto sono null’altro che la ricerca di una qualche spiegazione, per me stesso e anche per voi, che possa consentirmi almeno in parte di comprendere quale arcana ragione si sveli dietro i terribili incontri che faccio e che mi consegnano a stati ipnotici di irrisolto travaglio. Così come è accaduto nei giorni, o forse negli anni, appena trascorsi.

Dopo aver lasciato la mia ultima testimonianza, ho issato il Tee-pee su di un quadretto di terra riparato dagli alberi vicino al sentiero; l’intento era quello di riflettere su come il passato ancora soffi un letale anelito sulla mia attuale essenza di ramingo. Non ho mai avvertito tanto freddo come in queste ore, lunghe come mesi e buie come i giorni di Romsa[1] in questo periodo dell’anno. Sono ormai avvezzo alle distorte percezioni temporali degli esseri sospesi, tuttavia l’intero pomeriggio e la notte che è seguita sono valsi diversi giorni di esperienza. Ho ripercorso con la mente gli ultimi significativi accadimenti: l’incontro col male personificato in Varg, la nebulosa e dolce evocazione della mia infanzia, il significato del mio nome e del perpetuo camminare. Sono in viaggio da secoli, ma pare che questi ultimi giorni abbiano scosso la mia esistenza ad un ritmo non previsto e l’incontro con Hilde ha generato in me un conflitto interiore che cerco tuttora di negare. Lasciate che vi racconti ma, badate, mentre lo faccio tenetevi una mano sul petto e se un certo freddo dovesse d’un tratto sopraggiungere, non andate oltre, io non vi biasimerò.

Senza sonno, quando il sole era ancora costretto dabbasso dal sipario della notte, scostai un poco il telaio del Tee-pee per essere subito assalito dallo spirito gelido del buio. La natura intorno era silenziosa, il vento non soffiava, il bosco dietro il sentiero sembrava volermi rassicurare: non c’è da preoccuparsi in notti come queste, la vista può perdersi all’orizzonte senza smarrire la messa a fuoco di ogni dettaglio nel raggio di diverse miglia. Pensai così che potevo concedermi una dolce passeggiata tra gli alberi per ascoltare i profumi essenziali non mischiati dal vento. Avanzavo senza pensieri e presto mi trovai di fronte ad un tunnel di pietra. Avrei dovuto chiedermi per quale motivo una costruzione del genere si trovasse in mezzo a quei boschi ma, ricondotta all’oblio ogni capacità di giudizio, ignorai i vani tentativi della mia ragione di richiamarmi all’ordine delle idee e varcai la soglia oscura di quell’inquietante semicilindro. Regnava all’interno un acre odore di muffa e lo strato di terriccio nero sul quale posavo i miei passi pareva provenire dalle profondità più recondite della terra. Un leggero filo di vento si era insinuato nel tunnel, la sua eco rombava fra le pareti e così, forse per allontanare la paura, mi ritrovai a cantare una melodia prima sconosciuta di cui lo spartito, insieme con le parole, sembrava salire dall’anima come se qualcuno, un giorno, l’avesse lì deposto per me:

Non sei accanto a me,
mia dolce regina
e dedico a te
quest’ingenua preghiera
se il mio cuore è ancora incanto ai tuoi occhi,
io morirò con la speranza d’incontrarti nei tuoi sogni[2]… 

La gentilezza musicale di un pianoforte si unì presto alla mia voce e, incuriosito, concentrai la mia attenzione in direzione del suono. Mi fermai un momento ad ascoltare quelle corde ma, un attimo prima che potessi accostare ancora il mio canto allo strumento, ogni suono cessò lasciando il posto al solo sibilo del vento. Ripresi a camminare, spinto ancora una volta dal mio sentire, e così la vidi: magra come se non mangiasse da settimane, con le mani a proteggere il volto e una miriade di lacrime, spesse come grandine, che le scendevano giù fino alla vita. Le dissi: – Ragazza mia, perché non abbandoni per un attimo il dolore e mi dici il tuo nome? -. Lei si voltò e due grandi occhi neri diressero la loro energia sui miei: – Hilde – rispose.

Al suono della sua voce non potei trattenere la voglia di raggiungerla e di stringerla tra le braccia, mi pareva di conoscerla da sempre e la tenerezza con la quale la baciai mi lasciava pensare che appartenesse ad un passato troppo lontano perché fossi ancora in grado di ricordarla. I nostri occhi si incrociarono diverse volte: specchi d’amore puro e profondo, spiriti a sé stanti che sembravano nutrirsi della sola energia di un sentimento che ormai avevo scordato. Godetti a lungo del piacere di vivere un amore improvvisato, folle, sensuale, profondo, romantico, incantato, malato, incosciente… una magia o una stregoneria?! Non capivo, la sua tristezza mi purificava ed al contempo, annientato, dirigevo sospiri di piacere sul suo collo, stringendo con forza brutale il concentrato di lacrime che le stava attaccato al vestito.

Fu in quell’istante che atroci urla di dolore mi costrinsero a staccarmi da lei facendomi piegare su me stesso. Dalla sua bocca spalancata cento volti deformi ed in continuo mutamento continuavano a gridare: voci ancestrali, terribili, voci dannate che raggiunsero presto ogni piega della mia anima, annientando ogni residua capacità di pensiero.

Con gli occhi gonfi di lacrime mi lasciai cadere in terra. Strisciavo all’indietro aggrappandomi con le unghie al terreno e potevo solo guardarla avanzare, terribile, con piccoli passi, mentre urlava con la forza di cento demoni finché, d’un tratto, fu solo buio e silenzio!

Le ore successive mi sono state sottratte dal vento freddo dell’incoscienza, ricordo solo che mi destai con la sensazione di aver dormito per un tempo indefinito e con un dolore lancinante al petto. Fu in quel momento che mi accorsi di come una delle preziose stelle di stoffa regalatemi dalla fata dei boschi mi fosse stata strappata con cruda e determinata violenza. Mi guardai intorno furioso, sapevo che era ancora lì, gridai: – Vile demone ingannatore, mostro travestito da pietà, quale colpa ho mai commesso per meritare il tuo odio? – Dal buio una voce rispose:  – Povera creatura infelice, tu che celebri il presente e rinneghi il passato, dimmi, come potrai da oggi portare il peso della mia angoscia?-.

Oblio…

– Non accettare carezze ma solo dolore -. Perché avevo questa frase impressa nella mente? La gelatina di lacrime che in principio era su di lei, aveva trovato rifugio sulle mie ginocchia e al solo sfiorarla sentivo la gola bruciare e mille voci urlare dentro la mia testa. – Non godere, non riuscire, sii perfetto… – ingiunzioni ataviche si affacciavano alla mia coscienza, quasi stessi sperimentando il risveglio dal sogno che mi ero illuso fosse la mia vera vita.

Ogni passo, all’interno di quel tunnel, pesava come due, come se avessi dentro il corpo un’altra creatura di pari peso da trascinare con me. Non saprei spiegare la natura di quel dolore, avvertivo d’esserne divenuto vittima ma al contempo causa. Solo adesso riesco a parlarne lucidamente: è stato come essere inghiottito da un vuoto profondo ed ingestibile, ed aver continuato a precipitare senza potermi aggrappare a nulla che non fosse il desiderio stesso di schiantarmi sul fondo per disperdere lì la mia coscienza. In quelle interminabili ore ho picchiato la testa contro le pareti, volevo che quel dolore uscisse da me, o forse tentavo solo di circoscriverlo, di individuarlo, ma era solo vittima di un’illusione, l’ennesima. Quell’angoscia non aveva nulla di fisico, veniva dall’anima, da un cuore che viveva in simbiosi col mio: il cuore di Hilde. E “Perduta”, il mio dolce spirito triste, pensare a lei non mi dava più alcun sollievo.

Non ho memoria dei giorni che ho sprecato a vagare per quel tunnel, fortunatamente la benevolenza degli spiriti del bosco mi ha consentito di raggiungere l’estremità opposta, o forse il medesimo punto dal quale ero entrato. La luce del sole rivelò ai miei occhi le mille ferite che avevo sui piedi e sulle braccia, non volevo pensare a cosa avessi sul viso: la fronte bruciava e l’occhio sinistro non vedeva più. Avevo bisogno di un corso d’acqua in cui ripulirmi e togliermi di dosso la lordura del terriccio ed il sangue delle ferite. Finalmente trovai un lago in cui immergermi. Non piangevo più, non sentivo più, avevo accolto il vuoto, ero sul fondo di una disperazione cieca, eppure il cuore non urlava, la mente cominciava di nuovo a gestire le mie azioni; – il sentiero – pensai – devo raggiungere il mio amato sentiero -.

E così fu! Mi ritrovai sul sentiero.

Non ho niente di buono da offrirvi oggi, amici miei, solo la mia stanchezza ed uno sfogo che per un attimo mi scalda l’anima. Oggi vivo la paura costante che il cuore di Hilde torni a farsi sentire, e per la prima volta in cento e più anni di esistenza, oggi temo per il mio domani.

Ho bisogno di tempo, ho bisogno di nuove stelle di stoffa da cucirmi sul petto: quelle rimaste sono state assalite dalla muffa, e presto dovrò abbandonarle, prima che il cuore subisca la medesima mutazione.

Siate felici, voi che potete! Io cercherò una nuova direzione. Addio, per adesso!


[1]Tromsø (in sami Romsa) è una città della Norvegia settentrionale situata nella contea di Troms

[2] Rif. Canzone: Preghiera di un re – Nicola Randone LINEA DI CONFINE

Acquista il libro completo del cd o leggi il seguito -> L’incontro con Perduta

(da Linea di confine, una favola d’amore. Di Nicola Randone con il contributo di Emanuela Fragalà)

Nicola Randone, alias Art, è Scrittore, musicista compositore, leader della band Randone con all'attivo 7 cd ed 1 dvd LIVE sotto edizione discografica Electromantic Music. Qui pone frammenti di vita, espressioni dell'anima, lamenti del cuore ed improbabili farneticazioni intellettuali.

9 Comments

  1. amar ciao… innanzitutto non ho ricevuto la tua e-mail, prova a rimandarla. Riguardo il resto ti dai già tutte le risposte da sola quindi non ho bisogno di dirti altro se non di tenere duro perchè, cmq, le tue non sono sofferenze sprecate, alla lunga vedrai che ne trarrai qualcosa di buono.
    Un bacio anche a te
    Nico

  2. ciao nico,mi so messa ha piangere x quello ke hai scritto xkè è esattamente cosi ke mi sento,devo solo aspettare ke tutte ste feste passano,solo ke il mio cuore nn vuole sentire raggione e continua a soffrire,grazie,nn sò se l’email ke ti ho mandato ti è arrivata,cmq un bacio amar

  3. samy -> dirò a “perduto” di venirti a trovare in fondo al mare per quella buona tazza di tè alle alghe che sai fare così bene, e se può rimediare anche una coperta per il suo cuore, meglio così… grazie di essere passata :)

    moon -> la scelta musicale è un brevissimo assaggio, adattato alla dimensione del tunnel, di un brano del mio prossimo disco… un abbraccio e torna presto :)

  4. se potessi tesserei una coperta per questi cuori infreddoliti che hanno bisogno di scaldarsi e di amore……il cuoe di hilde era solo pieno di dolore di quel dolore che brucia che nn sente nn parla ma piange……siamo capaci di dimenticare e di tessere nuove trame per un cuore piu’ rosso???

    io ci credo..credo nell’amore e in quella potenza forza che ne da..questo natale voglio regale attenzione e un abbraccio a chi mi conosce…perchè credo nelle persone e nei cuori…bacio nico

  5. non temere fatina… perduto si ferma un momento a riflettere sugli ultimi eventi, ma io sono qui, nella dimensione dei numeri, e scrivere al momento mi è di grande aiuto :)
    grazie del tuo affetto, lo apprezzo molto
    un abbraccio grande
    Nicola

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