I miei due cent sulla Stella Nera di Bowie

21 Gennaio 2016
2 minuti di lettura

Oggi ho finalmente avuto fra le mani il vinile di Black Star: mentre mi godevo l’interessante packaging pensavo al fatto che, al momento di ordinarlo, il Duca Bianco era ancora in vita, ed al tempo non avevo idea nè del fatto che fosse malato nè che avesse concepito e composto l’album per farne il suo epitaffio.

Questa sera, in compagnia dei soliti amici,  si è deciso di concederci un ascolto comunitario, così ho messo il vinile nero da 180 grammi sul piatto ed atteso con trepidazione le prime note di Black Star (il brano di apertura). Quello che ho pensato dal momento in cui i primi suoni hanno invaso la stanza è stato che il mio impianto avesse qualcosa di rotto: il suono era cupo e l’immagine stereo sembrava chiusa al centro della stanza facendosi osservare con sinistra inquietudine…

…l’impressione che il suono che stessi ascoltando fosse compromesso da una condizione non ottimale del mio amplificatore è nata dal fatto che ricordavo delle frequenze diverse nel video ufficiale di Black Star su YouTube (oltre che leggere variazioni negli arrangiamenti): quello che si ascoltava dal vinile produceva un’atmosfera alquanto diversa.

L’iniziale istinto di ribellione è durato giusto qualche minuto, da lì a poco mi sono accorto che nonostante sembrasse il frutto di un malfunzionamento, quel suono aveva già iniziato a scavare nel profondo dell’anima prendendo in ostaggio cuore e cervello: da quel momento in poi ho capito d’esser prigioniero.

Adesso vi dico la mia su Black Star e lo faccio nel solito modo, senza tecnicismi da critico musicale.

Anzitutto il disco mi ha molto emozionato e ho ancora difficoltà a distaccarmi dal senso di tragico che mi ha lasciato addosso: sembra che la nuova opera di Bowie sia intrisa della consapevolezza dell’uomo d’essere vicino alla fine e si avverte non solo nelle parole, ma in tutto quello che in maniera geniale ed inaspettata fa da condimento alla spettacolare voce del Duca Bianco che scopriamo in una veste ancora una volta inedita. Dominano l’ambiente sonoro i sassofoni che urlano ed i sintetizzatori oramai vicini ad un cortocircuito mentre il suono è lì, al centro, che ti catapulta nella disperazione dell’artista.

Black Star è un ascolto importante, è arte che non ha nessun interesse a far sorridere o ballare, non c’è nulla in stile Coldplay per sentirsi tutti felici: Black Star è un pugno nello stomaco. Quando coi miei amici arrivo alla fine del disco, ci guardiamo con occhi lucidi e pieni di compassione: Bowie ci grida in faccia “I Can’t Give Everything Away (Non posso dare via ogni cosa)” e lì avvisiamo l’uomo che alla fine si rassegna con disperazione al suo destino.

Sono passate già due ore dal mio ascolto ed aspetto ancora di ritrovare quella serenità che il Duca Bianco mi ha strappato in poco più di 40 minuti… ma non crediate che giudichi male questo sentimento buio che provo, riuscire a sentirmi così vivo e presente a me stesso vale sicuramente una notte in bianco e vorrei davvero poter ringraziare David Bowie di persona per aver condiviso con me un momento così intimo della sua vita scaraventatomi addosso con la delicatezza di un carrarmato :)  … qualcuno ha detto che la vera arte deve sconvolgere, perché solo così progrediamo nell’animo: in effetti non posso che trovarmi d’accordo, stanotte ho conosciuto la disperazione in una veste del tutto nuova.

Consiglio l’ascolto di Black Star dalla prima all’ultima canzone, senza distrazioni e con spirito fermo… è un’esperienza che fa bene.

Grazie David.. riposa in pace.

Nicola Randone, alias Art, è Scrittore, musicista compositore, leader della band Randone con all'attivo 7 cd ed 1 dvd LIVE sotto edizione discografica Electromantic Music. Qui pone frammenti di vita, espressioni dell'anima, lamenti del cuore ed improbabili farneticazioni intellettuali.

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